Che senso ha essere fotografi oggi
Luglio 2024, sono passati ormai quindici anni da quando i social hanno iniziato a farsi largo nelle nostre vite con tutti gli stravolgimenti che questo ha comportato.
Non mi frega niente degli aspetti sociali in generale o degli impatti sulle democrazie (e non di tutto il mondo). O meglio mi interessa ed è un argomento che periodicamente approfondisco ma non è questo l’ambito in cui parlarne.
Vorrei fare una riflessione sulle immagini, intese come fotografie o video e su come questa entità fondamentale per la società umana sia diventata l’ennesimo insignificante tassello di un mondo che sta andando in pezzi ma che continua a fare finta che vada tutto bene.
Ce l’ho con Instagram in particolare e sui danni clamorosi che ha fatto in termini di impatto sulla percezione della vita delle persone e che penso siano quasi peggio di quelli fatti da Facebook rispetto alle democrazie occidentali e agli equilibri geopolitici globali. Da ormai un decennio viviamo nella bolla di INSTA, che ha cominciato a diffondersi con le migliori intenzioni e che poi è diventato un clamoroso e gigantesco specchietto per le allodole, che però funziona per tutti e non solo per quegli specifici pennuti.
Instagram più di qualsiasi altra piattaforma ha distrutto il mondo delle immagini. In alcuni periodi della mia vita ho pensato che in realtà fosse solo l’ennesima trasformazione di un media che arriva da molto lontano e che di certo molto lontano proseguirà la sua vita…ma sono convinto di aver sbagliato valutazione.
Da quando la fotografia e il video sono stati inventati, fino ai metà degli anni Duemila, ogni singolo sforzo fatto da aziende, professionisti e hobbisti era orientato verso il miglioramento tecnico del mezzo: qualità di ripresa e risoluzioni sempre maggiori, sistemi di acquisizione audio e video sempre più evoluti, strumenti di storage ed editing sempre più potenti e così via..
Da Hollywood all’ultimo degli hobbysti l’obiettivo era quello di fare foto e video sempre migliori. Poi sono arrivati i social.
I social hanno introdotto due aspetti che reputo fondamentali e alla base di questo immenso casino:
- democratizzazione totale del contesto
- introduzione della compressione
Nel primo caso l’argomento è complesso e probabilmente richiederebbe un trattato di sociologia per essere affrontato, ma il punto è che quando ho comprato la mia prima reflex nel 2015 la maggior parte delle persone intorno a me (compresi i contatti social e professionali) non scattava fotografie se non per hobby e di certo non faceva riprese video se non puramente occasionali. Del resto la qualità degli smartphone era a malapena decente.
So benissimo che il mio entourage NON è un campione significativo, ma a differenza di oggi nessuno sentiva costantemente il bisogno di postare i cazzi suoi sui social e tantomeno di aprire un canale TikTok dove provare a cambiare vita diventando virale per guadagnare un sacco di soldi.
Prima con Facebook poi con Instagram invece questa cosa ha preso sempre più piede. La gente ha iniziato a postare foto e video, ad aprire canali e pagine tematiche ed a produrre contenuto e questa sarebbe una gran cosa basti pensare a tutti quei divulgatori che sono arrivati molto in alto (penso a Barbascura) grazie a questi mezzi.
Il fatto è che si è creata una combinazione esplosiva di due fattori: la facilità nella produzione e diffusione dei contenuti + l’abbassamento generale della qualità di tale materiale per via dei costi dell’attrezzatura.
A questo si somma il fatto che i social hanno fin da subito dato peso e diffusione al materiale che creava engagement più che al materiale di qualità. Basti pensare ai tweet diventati virali negli anni, ai video su YouTube da milioni di views per finire con i Reel da 56 milioni di visualizzazioni in cui un tizio qualunque inquadra malamente * cosa a caso che fa engagement perchè idiota o buffa *.
Sei un bravissimo fotografo che lavora da un decennio con attrezzatura costosa, clienti di livello e etica professionale? Perfetto, le tue foto e i tuoi reel faranno 19 visualizzazioni.
Sei un tredicenne che si riprende con la selfie camera mentre ingoia un rotolo di carteigenica? Il tuo video farà 43 milioni di visualizzazioni.
Praticamente spendere tempo, soldi e competenza per creare materiale di qualità è diventato controproducente addirittura alcune scuole di pensiero (ispirandosi al mondo del porno e alla natura umana) sostengono che l’abbassamento della qualità faccia percepire all’utente quello che vede come più “vero”. Quindi in sostanza se hai una mirrorless che gira in 4K 4:2:2 buttala pure e usa un vecchio iPhone per fare le riprese.
Certo fino a un po’ di tempo fa io stesso pensavo che tutto sommato questo casino si risolvesse nel momento in cui ci si rivolgesse a clienti business dove il valore del materiale (dato che costa produrlo) avesse ancora un peso. Il fatto è che anche quel fronte sta crollando.
Le aziende hanno iniziato a fare le cose per conto loro, hanno scoperto che alla fine uno stagista con un iPhone può creare tranquillamente dei Reel perchè è giovane e perchè sticazzi usare attrezzatura seria, vorrai mica che paghiamo un esterno per fare ste cagate social.
Il risultato sono siti Web con le foto aziendali mosse o storte, canali social di aziende che farebbero rabbrividire anche l’ultimo degli influencer di provincia e soprattutto una commistione tra codeste realtà e una vastissima pletora di finti professionisti arraffoni nati proprio dai social che si presentano come “content-creator” armati di una reflex del 2015 ma ricchi di parlantina e supercazzole sulla loro esperienza da creator…e soprattutto, che si fanno pagare un quarto rispetto a quelli bravi.
Poi c’è il discorso della compressione…ma ne parliamo nella prossima storia.